Teggiano è un paese che ha espresso, anche attraverso i cittadini residenti all’estero, da sempre la fede e la devozione verso il  concittadino San Cono.
Numerosi furono i teggianesi che nella grande emigrazione del XIX secolo partirono per terre straniere per un avvenire migliore portando orgogliosamente con loro come simbolo e devozione l’immagine di San Cono, confidando in Lui e auspicando il ritorno in Patria.

Da tempo sapevo che in Venezuela, oltre a Barquisimeto, esisteva un altro paese dove si festeggiava San Cono, ma non ho mai potuto instaurare un rapporto perché sconosciuto anche ai teggianesi presenti in Venezuela.
Nel mese di maggio, poco prima della festa del Santo Patrono si presenta a casa mia una coppia di giovani, lei di nome Noemi di origine Teggianese, lui Venezuelano, chiedendomi di visitare la sala degli ex voto. Nel parlare della storia di San Cono, convinto che loro venissero da Barquisimeto, la ragazza mi fece notare che non venivano da Barquisimeto bensì da un piccolo paese del Venezuela chiamato Vitu. Subito mi affiorò alla mente la storia  solo accennata, e Lei subito mi parla di come i suoi parenti erano partiti da Teggiano.

Questa che vi proponiamo è la storia scritta da Noemi in spagnolo e tradotta dall’amico architetto Enzo Federico che ringrazio per la collaborazione.

Testimonianza:
Questa  è la storia raccontata da mio nonno Giuseppe Maria D’Alvano (1833-?) e un amico che emigrarono da Teggiano (intorno al 1870-1880?).
Prima arrivarono in Argentina, ma non vollero restarci, per cui i due amici decisero di continuare il viaggio fino ad arrivare in Venezuela.
Arrivati in Venezuela i due amici iniziarono a lavorare vendendo lampade ad olio durante i loro spostamenti, spingendosi fino alle montagne delle Ande dove gradirono il posto, decidendo di rimanere.

Francesco D’Alvano (1866-1956) figlio di Giuseppe, si doveva sposare in Italia e andò a trovare suo padre in Venezuela, dove decidono che Francesco doveva tornare in Italia e portare la mamma, Caterina Tropiano  (1844-?,( sposata con Giuseppe dal 1865) e la sua futura sposa, Raffaela Cirone (1875-?).
Fu cosi che Francesco rientrò in Italia e sposò Raffaela nel 1893. Dopo di che Francesco, Raffaela e Caterina vanno in Venezuela, portando dall’Italia la loro macchina per fare la pasta e l’immagine di San Cono.
Insieme a Giuseppe si fermarono prima a Sant’Anna, Trujillo (regione andina). Nel secolo XIX Sant’Anna era un paese famoso ed importante in quanto qui Simon Bolivar si era abbracciato con Pablo Morillo (Spagnolo) per regolarizzare la guerra di indipendenza del Venezuela (1820). In Sant’Anna, i D’Alvano stavano  insieme ad un’altra famiglia italiana con cognome Talamo.

I quattro D’Alvano decidono di creare un paese, vicino a Sant’Anna che chiamarono Vitu, che si trova all’incirca a 1.000 mt sul livello del mare.
Lì hanno costruito la loro casa, un cimitero e la chiesa in onore di San Cono, il Patrono del loro paese in Italia, dedicandosi alle piantagioni di caffè, che era la principale attività del Venezuela prima del petrolio.

Francesco e Raffaela ebbero vari figli, ESTEBAN (il mio bisnonno) CONUCCIO e CRISTIAN D’ALVANO.
Esteban successivamente ebbe vari figli con ANGELINA (mia bisnonna) mio nonno OSCAR DARIO (1923-2015), zio nonno MANUEL di Gesù (1927-1996) ed altri.
Durante l’ultimo parto Angelina muore ad inizio del 1930 per cui   mio nonno e i suoi fratelli sono stati allevati da Raffaela Cirone e suo padre Ciccio (Francesco ) Sono cresciuti mangiando pasta e pregando San Cono tra le Ande venezuelane.

Mio nonno Oscar e mio zio nonno Manuel quando diventarono adulti lasciano le Ande negli anni 40 e se ne vanno nella regione della Costa Orientale del Lago, vicino a Maracaibo, in Zulia, per lavorare nel settore del petrolio, visto che era considerato il miglior posto per lavorare all’epoca in Venezuela. Dopo circa 40 anni lavorando in questa industria, i due fratelli, Oscar e Manuel, vanno in pensione a inizi anni 90, e decidono di tornare per passare la loro vecchiaia a Vitù dove crescono con la loro famiglia italiana.

Nel paese di Vitu, ancora restavano alcuni della famiglia D’Alvano e loro comprarono la casa che aveva fatto Francesco D’Alvano. La casa ancora conserva l’immagine di San Cono che si sono portati Francesco e Raffaela da Teggiano. La famiglia ha sempre mantenuto la devozione a San Cono. Quando mio zio nonno Manuel tornò al suo paese  negli anni 90, iniziò a organizzare a Vitu la festa di San Cono che si celebra nella settimana del 3 giugno giorno della sua morte. Io da piccola conoscevo la storia di San Cono anche per mio zio bisnonno Conuccio D’Alvano, che sempre la raccontava con molti dettagli.

Ora che sono stata a Teggiano, ho capito che la coltivazione nel Vallo di Diano era difficile perché era tutta inondata e   questa doveva essere una ragione forte per emigrare nel secolo XIX. La mia famiglia è venuta dall’Italia con l’ondata di gente che se ne è andata in Argentina e Uruguay. La cosa curiosa è che loro hanno deciso di continuare fino in Venezuela.
Appresi anche che San Cono era stato canonizzato nel 1871, così che l’emozione di tenere un patrono santo  molto recente e importante per loro. E appresi che in teggianese, la “o”  viene cambiata con la  “u”, così che Vitu significa Vito e mio zio bisnonno che lo chiamavamo Conucho in realtà è Conuccio.

Noemí Pérez Vásquez