Obelisco di San Cono restaurato

Il recente restauro dell’Obelisco di San Cono a Teggiano, ha permesso di acquisire alla conoscenza ed alla fruibilità ottica particolari del monumento prima non percepibili, sia per le condizioni di nitidezza delle superfici decorate, che per la difficoltà di ispezione del manufatto litico. A tal proposito si segnala l’originale lastra di meridiana in marmo di Carrara, applicata alla faccia dell’obelisco che guarda alla cattedrale e che ora si staglia con chiarezza dal fondo della superficie che la ospita.

In un mio breve intervento del maggio 2022 sulla pagina social di facebook, segnalavo l’esecuzione della statua che si erge in cima all’obelisco, di fattura della premiata fonderia Amodio di Napoli nel 1887, assegnando all’artista e fonditore Michele anche l’esecuzione del cancello che cinge il monumento.

Nascita della guglia di San Cono

Volto di San Cono prima del restauro

In sintesi, la storia dell’obelisco teggianese in pietra locale si origina dalla riconoscenza dei cittadini e dei devoti al patrocinio del santo protettore; un tributo reiterato nel 1857 dopo quello del 1497, sempre nella data del 17 dicembre. La guglia nacque con un atto pubblico” del 17 gennaio 1858, che richiamava il miracolo della manna del 21 dicembre precedente. L’artefice del monumento, Saverio Trotta di Padula, doveva terminare la commissione entro la data del 3 dicembre del 1860 dietro compenso di mille ducati, ma nel 1863, per la scarsezza dei fondi l’opera, ferma al solo basamento, venne consegnata incompleta alla deputazione dianese.

L’impegno del concittadino Pasquale Carrano

Statua dell’Obelisco prima del restauro

Pasquale Carrano, medico e più volte sindaco, fratello del vescovo di Cava e Sarno ed a capo del Comitato Feste, fu essenziale nel compimento dell’impresa. Richiamò alla fine del 1882 il Trotta per un nuovo accordo, avendo reperito altre offerte e stipulò un contratto che poneva termine ai lavori entro il 31 maggio 1883, con una lievitazione dei costi dovuta al “caro compenso della giornata degli artisti”. Non abbiamo nota dello slittamento dell’esecuzione dell’obelisco, fino al 1887, quando vi fu l’inaugurazione; la “colossale” statua di bronzo, uscita dallo studio di un valente artista napoletano, veniva benedetta dal vescovo teggianese Vincenzo Addessi il 1° giugno ed issata in cima al monumento litico, alto ben 23 metri.

Pasquale Carrano ordinò a sue spese questa statua di San Cono, oltre alla cancellata in ferro battuto alla base del monumento, eseguita nel 1891. Il simulacro giunse a Teggiano pochi giorni prima dell’inaugurazione e con ritardo sui tempi prestabiliti, dovuto alla stesura della doratura superficiale, una patina che col tempo è man mano svanita.

Il restauro dell’Obelisco di San Cono

Volto di San Cono dopo il restauro

La recente operazione di consolidamento e di restauro dell’obelisco ha permesso di poter osservare e fotografare la statua da vicino (grato sono, per quanto, all’amico Marco Gangone), per la quale se ne ripropongono alcuni scatti a margine dello scritto. Il simulacro, provvisto di base sempre in bronzo, è fissato ad una sezione cilindrica sporgente in blocchi di pietra, che si adagia sul tronco piramidale dell’obelisco.

Sul piatto della base della statua è riportata a fusione la scritta: «M, Amodio Napoli 1887», mentre sul bordo della stessa, in una lamina applicata a chiodi al retro della figura si legge: «ERETTO A DIVOZIONE DEL POPOLO/ PER CURA DEL DOTTORE PASQUALE CARRANO/ 1 GIUGNO 1887». In posizione frontale, sempre sul bordo, in altra lamina è riportato: «SAN CONO/ CITTADINO E PROTETTORE DI DIANO …».

La fonderia Amodio fu attiva a Napoli per tutto il corso del secondo Ottocento ed il suo proprietario, l’artista Michele Amodio (1817 o 1820 – 1913), fu autore di numerose commissioni di dimensione medio-piccola, come medaglie e bozzetti. Questo artista col fratello Enrico fondò intorno al 1860 la ditta «Frères Amodio», con atelier di ripresa e di stampa fotografica, nonché negozio di vendita in Via Santa Caterina a Chiaia di Napoli. Michele rinnovò il marchio dell’atelier alla morte del fratello e si allargò con la sua professione anche a Roma e Milano.

Creò la fonderia artistica omonima di bronzi al piano terra del palazzo che si era fatto costruire tra via Giorgio Arcoleo e via Niccolò Tommaseo a Napoli. La sua professione e la sua attività anche artistica (disegno e pittura), gli valsero la partecipazione a numerosi concorsi europei.
Nel 1878 all’Esposizione Universale di Parigi partecipò con fotografie e pitture ottenendone una medaglia di bronzo, così come ebbe pari riconoscimento nella categoria “bronzi d’arte e metalli lavorati a martello”, per delle statue in bronzo. Ebbe poi una menzione onorevole per dei bronzetti alla IV Esposizione Nazionale di Belle Arti di Torino, tenutasi nel 1880 ed una medaglia d’argento per delle terrecotte di antichità romane alla II Esposizione Italiana a Buenos Aires del 1886.
Nel 1893, rimasto vedovo, sposò la giovanissima modella Fortuna; ebbe tre figli, tra cui Giulio, che fu pittore della “Scuola di Posillipo”.

Amodio creò la sua fonderia artistica di bronzi probabilmente seguendo l’esempio di Giorgio Sommer a Napoli e come lui commerciò terrecotte che riproducevano antichità. L’abilità di modellatore di sculture classiche è evidente dal catalogo dei bronzi di Pompei ed Ercolano.

Pur essendo celebre come fotografo, la sua attività di modellato fu caratterizzata soprattutto dalla realizzazione di bozzetti per souvenir del Grand Tour e per i calchi del Museo Archeologico di Napoli. Realizzò la statua bronzea del candelabro sinistro del teatro Politeama Garibaldi di Palermo e statue di divinità ancora oggi oggetto di vendita di case d’asta, come una Galata morente (M. Amodio Naples) o un Narciso (Fonderia Amodio Napoli), che riporta la medesima firma apposta alla base della statua di San Cono.

La scultura del patrono di Teggiano e diocesi, alta circa 2,50 metri, è stata realizzata secondo le competenze del tempo, con la fusione a cera persa in tecnica diretta, di varie parti del corpo, poi assemblate; quanto riferito è evidente dalla giunzioni che sono visibili sulla superficie del simulacro: al collo, alla vita, all’altezza delle ginocchia e probabilmente all’attacco delle braccia.

In analogia alla celebre fonderia di Gennaro Chiurazzi di Napoli, attiva a cavallo tra la fine del XIX e gli inizi del XX secolo ed impiantata nel 1870 presso il Real Albergo dei Poveri, Michele Amodio espresse la sua arte nella riproduzione a grandezza naturale o fuori scala tramite la tecnica della fusione in bronzo a cera persa, di sculture classiche e rinascimentali per le quali vi erano calchi (richieste dagli allestimenti del Museo Archeologico di Napoli, in contemporanea alle scoperte di Pompei ed Ercolano). La tecnica in serie di riproduzioni non disdegnò la qualità artistica e la cesellatura.

La fusione delle componenti della statua di San Cono prevedeva la preparazione di un’anima di terra essiccata e cotta, provvista di un’armatura interna, la copertura di questa con uno strato di cera rifinita nella forma finale e la sovrapposizione di un’ulteriore forma o mantello, con canaletti di drenaggio e per la fuoriuscita della cera, una volta immessa la fusione di bronzo. La fase finale consisteva nella liberazione del mantello e nella pulizia finale dell’opera, con successiva doratura.

L’arte di Michele Amodio, confrontabile con le sue opere di dimensioni ridotte, ma ottimamente rifinite, si ricollega alla stagione artistica napoletana del secondo Ottocento, che si ancorava saldamente alla tradizione tardo barocca, resa viva dalle esperienze di Francesco Citarelli, dei Verzella, di Francesco Picano e di Arcangelo Testa.

Nel simulacro di San Cono l’artista esula in parte dalla classica posa palesata dall’iconografia del Di Venuta, per sperimentare un modello innovativo in cui l’anatomia del santo è intimamente collegata alla sua stessa collocazione in cima all’obelisco: San Cono allarga le braccia verso il cielo, col quale è esplicitamente congiunto. Nel volto e nei particolari delle vesti riecheggia l’esperienza di Amodio per la figurazioni plastiche attinte dall’arte classica, comunque rese razionali da un equilibrio statico.

Una duplice valenza di spicco connota il monumento di pietra nella piazza di Teggiano: la valenza di uno scultore locale, il padulese Saverio Trotta, artefice dell’obelisco e la consolidata esperienza con palese nomea di Michele Amodio, attestata per la statua bronzea che corona la corposa, ma lineare piramide litica.

Fonti: Giuseppe Capozzoli, S. Cono cittadino e protettore di Diano, Napoli 1900. 1° Centenario dell’Obelisco di San Cono (1887-1987), a cura del Comune di Teggiano, Salerno 1988. L. Fucito, Le fonderie napoletane fra arte e tecnica, in I. Valente (a cura di), Il bello o il vero: la scultura napoletana del secondo Ottocento e del primo Novecento, Napoli 2014. Giovanni Fanelli, Michele Amodio, 2014 tratto dal sito www.historyphotography.org. Marco Ambrogi, ‘oh Beate Cone’. Ricerche e aspetti inediti del culto di san Cono a Teggiano tra storia, arte e tradizioni, Napoli 2022.

Fotografie di Marco Gangone, del Museo San Cono, dal web (www.bukowskis.com) per il Narciso e da G. Fanelli, per il catalogo dei bronzi.