“Scelsero due giovenchi ancora indomi

candidi come neve: da Padula

l’uno veniva,  l’altro da Teggiano.

Aggiogarono entrambi ad un rozzo carro,

ch’era nei pressi: sopra vi composero 

le sante spoglie e diedero l’avvio.”

“non era giunta ancora a piè del colle

il trionfale carro e le campane 

di tutti i campanili di Teggiano

suonavano a distesa senza impulso

d’umane braccia a lo squillante moto.

Dalle casette sparse alla campagna,

dalle case ammucchiate del paese,

accorrendo la gente si portava

incontro al carro e al giovinetto Asceta

che ritornava alla sua culla antica

dopo tanti anni lentamente scesi

lungo il clivo del tempo nel passato.”

“I giovenchi trafelati e stanchi,

giunsero sul sagrato della chiesa

de l’Annunziata. Qui nel sonno eterno

e l’uno e l’altro i miti occhi chiudendo,

giacquero in seno alla gran madre antica.

Dormono ancora là sotto la croce”

 

Tratto da:

“Cantica per il primo centenario del culto di San Cono”

di Rocco Manzolillo (1973)